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Aneddoti e storie sulle più famose biblioteche italiane

Biblioteche storiche: aneddoti e storie

Sfortunati eventi alla Biblioteca Nazionale di Torino

Nel 1904 un fatto catastrofico sconvolse la Biblioteca nazionale: nella notte tra il 25 e il 26 gennaio il fuoco avvolse cinque sale compromettendo, irrimediabilmente, la sezione dei manoscritti, degli incunaboli piemontesi, delle aldine e della consultazione. Rimasero distrutti nell'incendio 24000 volumi e 2640 manoscritti di inestimabile valore.

La biblioteca si riprese rapidamente, continuando le acquisizioni, anche di fondi preziosissimi; ma durante il secondo conflitto mondiale, nel bombardamento di Torino dell'8 dicembre 1942, furono distrutti più di 15.000 volumi (tra cui quelli geografici con gli atlanti antichi ricchi di mappe) e porzioni del catalogo generale.

La Biblioteca Chelliana di Grosseto

Il primo documento ufficiale che attesta la volontà di istituire una biblioteca a Grosseto è l'istanza del 1858 presentata dal Canonico Giovanni Chelli al Capitolo della Cattedrale, in cui si richiede il permesso per attivare tale istituzione e un luogo adeguato per accoglierla. Il Canonico Chelli è una figura molto particolare nel panorama dell'Ottocento: il suo attivo impegno sociale e patriottico e le sue idee cattolico -progressiste lo misero spesso in aperto contrasto con i suoi superiori e con le direttive della Santa Sede. Gli fu accordato quasi immediatamente il permesso per la realizzazione della biblioteca, della quale gli fu affidata la direzione, e gli furono concessi tre locali del Palazzo Vescovile. All'epoca il fondo libraio era costituito da circa 5000 volumi, frutto di donazioni e lasciti, numero che andò aumentando negli anni grazie all'opera di incessante ricerca di fondi da parte dello stesso Chelli. L'istituzione era ancora ospite del Palazzo Vescovile e si temeva la chiusura della struttura nel caso la Santa Sede avesse nominato un nuovo Vescovo, cosa che puntualmente accadde.

Chelli morì nel 1869: nel 1870 la Giunta Municipale deliberò che la biblioteca fosse trasferita provvisoriamente in via Mazzini e riaperta. La struttura era passata sotto il controllo municipale. Durante la seconda guerra mondiale il patrimonio della biblioteca fu in gran parte distrutto; altri danni subì durante la piena dell'Ombrone nel 1966, che non risparmiò la sua sede appena restaurata. Fu necessario acquistare molti volumi moderni e antichi per compensare alle perdite: oggi la Biblioteca Chelliana conta oltre 90 mila opere.

La Biblioteca Roncioniana di Prato

Davanti alla Chiesa di San Francesco si trova il palazzo settecentesco che ospita la Biblioteca Roncioniana, su lascito di Marco Roncioni (1676), che la volle aperta al pubblico. Non è sicuro a quale architetto si debba definitivamente il disegno della facciata, essendone stati consultati tre: il Bellini, il Ferri e il Giannozzi. Nell'atrio v'è una maiolica di Andrea della Robbia, proveniente dal monastero di Santa Margherita, mentre la volta della sala è affrescata con un dipinto allegorico di Luigi Catani (1789), che illustra il modo sapiente e virtuoso di conseguire la fama. La Biblioteca contiene oltre ventimila volumi, con raccolte di incunaboli e postillati, la collezione Ricciana e Antiricciana (scritti a difesa e contro le dottrine giansenistiche del vescovo di Pistoia e Prato Scipione de' Ricci) e molti manoscritti autografi, codici cartacei e su pergamena.

Gambalunga e la biblioteca a Rimini

Alessandro Gambalunga nacque a Rimini dopo il 1554 da una famiglia di modeste origini: il nonno era maestro muratore, il padre era mercante. Nel 1583 si laureò a Bologna in diritto civile e canonico e nel 1592 sposò la nobile Raffaella Diotallevi. Nonostante il patrimonio che andò accumulando negli anni, le sue umili origini furono sempre un ostacolo alla sua aggregazione al ceto nobile riminese. Gli vennero ripetutamente offerti incarichi pubblici che Alessandro rifiutò orgogliosamente. Nel 1614 terminò la costruzione del suo palazzo di famiglia in cui Gambalunga si circondò di letterati e artisti e nel quale creò una fornitissima biblioteca. Nell'ultimo periodo della sua vita, egli si comportò da vero e proprio mecenate. Nel 1617, con atto testamentario, sancì la pubblica consultazione della sua biblioteca e stabilì una somma annua per l'acquisto di nuovi libri e lo stipendio del bibliotecario. Attualmente la Biblioteca Gambalunga è l'Istituto nel quale il patrimonio bibliografico e documentario cittadino è riunito e conservato.